BIOGRAFIA
Il paradiso degli orchi:
tre bombe in un grande magazzino e il capro espiatorio Malaussène
sempre al centro. Non deve stupirsi se è sospettato!
La fata carabina: la
terza età non rispetta più niente. Se a Parigi incrociate una vecchia signora,
cambiate marciapiede!
Ma chi è l'autore di
questi romanzi dal ritmo incalzante e tanto diversi dal solito cliché?
Nasce a Casablanca in Marocco nel
1944, ultimo dopo tre fratelli. Durante l'infanzia viaggia in Europa
Africa e Sudest asiatico, seguendo gli spostamenti del padre ufficiale.
A otto anni viene messo in
collegio e ci resta sette anni, con la possibilità di tornare a casa solo una volta a trimestre.
Vive la scuola come una prigione. Lo salva la
lettura.
Ma "In collegio la lettura a
piacere era proibita...Pennac per aggirare il
divieto di notte si nasconde sotto le coperte, e con l'aiuto
di una torcia divora le sue opere preferite, soprattutto i romanzi di Dumas.
Il giorno dopo, finge di fare i compiti, e scrive lui
stesso il seguito; la notte seguente di nuovo sotto le coperte per controllare l'originale.
Il divieto aumenta il piacere della lettura.
Inizia a lavorare nel 1970
a
Soissons come insegnante di ragazzi difficili.
A venticinque anni Pennac, figlio di un
militare, pubblica un
pamphlet contro il servizio militare intitolato "Le service militaire au service de qui?".
Trasforma il suo cognome da Pennachioni, (chiaramente di origine corsa) a Pennac per non creare problemi al
padre.
Esordisce nella narrativa,
scrivendo libri per bambini.
Dal 1979 al 1981 si reca in Brasile al seguito della prima
moglie.
Qui viene sfidato da un amico a scrivere un libro giallo. Nasce così Il
paradiso degli orchi che sarà pubblicato nel 1985. Seguiranno La
fata carabina, che è secondo me il più bello della saga, La
prosivendola, Signor Malaussène.
Con questi quattro romanzi centrati tutti sulla figura di Benjamin Malaussène
otterrà il successo.
Per circa trent'anni fa il
professore di Lettere in un Liceo di Parigi. Nel 1998 lascia
l'insegnamento, pur continuando ad essere presente
nelle scuole con letture e conferenze .
Ha una moglie anche lei scrittrice
e una figlia.
Senza l'amore e l'amicizia "non so se il gioco
(della vita)
varrebbe la candela".
LA LETTURA
La sua passione per i libri è
nata dai racconti della nonna e dall'osservazione dei riti di lettura del padre:
un libro e la poltrona personale la lampada la pipa...
Per Pennac la lettura non può
essere un dovere, è un
atto di libertà. E' come amare o sognare.
Si legge per sfuggire alle scocciature della
vita. Un romanzo ci offre la
possibilità di trovarci per qualche ora in un altro mondo:quando faceva il servizio militare, addetto a
pulire le latrine, si sbrigava e poi si chiudeva dentro a leggere Gogol, e l'universo militare che gli stava intorno spariva.
Chi ama la lettura deve agire da passeur, mediatore culturale, deve
stimolare negli altri la necessità della lettura. Per leggere bene bisogna scegliere bene le persone di cui ci si
innamora, dice scherzando Pennac, perché quando amiamo qualcuno gli consigliamo i libri che abbiamo amato di
più.
La critica letteraria dovrebbe
essere meno paludata e più autobiografica spiegando le ragioni profonde e
personali per cui
un libro è piaciuto.
Il libro non è un prodotto
qualsiasi, è il contrario di ciò che si chiede al consumatore: risponde ad un
bisogno profondo e favorisce un'attitudine di ritorno a noi stessi.
Oggi viviamo per procura
attraverso i media. Mitridatizzati
dal dolore che vediamo continuamente sullo schermo, non riusciamo neanche più a piangere.
Ma, secondo Pennac, quello che minaccia veramente il
consumo di libri e la lettura, non è tanto la televisione, ma l'urbanizzazione
delle città. "E' come nei gironi danteschi, con il paradiso della
cultura esposto in centro, escluso a tutte le persone che si trovano nel girone
più lontano, in periferia, dove arriva solo la televisione."
PERCHE' SCRIVE
Per essere felice, per sopportare la realtà,
per esorcizzare la paura della
morte.
"C'est une manière d'en
finir avec ce qui m'exaspère le plus en moi".
Scrivere è una maniera d'essere,
ogni scritto rappresenta il
viaggio fatto quando abbiamo imparato a leggere per passare dal segno al senso.
GLI AUTORI PREFERITI
Per Pennac l'autore in
assoluto è Shakespeare.
Da piccolo amava i libri di avventura e
le storie di cappa e spada come quelle di Alexandre Dumas. Ma anche
Dickens, Stevenson e Oscar Wilde.
Subito
dopo cominciò a leggere i grandi autori russi: da Puskin a Dostoevskij.
E' stato sempre affascinato dagli autori che lavorano sulla lingua: Gadda
Proust Joyce Celine.
Considera il più bel racconto del mondo Bartleby lo scrivano di Melville,
ama molto anche L'imperatore
del Portogallo della svedese Selma Lagerlof.
Riguardo alla poesia ama molto una poetessa lionese del XVI secolo: Louise
Labé.
Tra gli italiani gli piace Calvino di cui privilegia la trilogia degli
antenati, ma anche Gadda, Svevo, Buzzati.
LE OPERE
La saga Malaussène
Le difficoltà iniziali della saga ad
affermarsi furono causate dal fatto che la letteratura poliziesca era ancora
considerata dalla critica, letteratura di serie B.
Prova ne è il fatto che i primi due libri della
saga
furono
pubblicati originariamente nella famosa Serie Noire di Gallimard, e solo
in seguito ristampati nella Serie Blanche dedicata alla letteratura.
Pennac, oltre a scontentare i
critici, scontentava anche i puristi del poliziesco. Infatti
si serviva degli elementi del romanzo poliziesco, usandoli però in modo
originale e spesso comico.
Ciascuno dei romanzi della saga
ruota intorno a degli omicidi in cui il protagonista sembra implicato fino allo
scioglimento finale, dopo miriadi di avventure e colpi di scena.
I protagonisti della saga sono i
componenti di una strana
famiglia allargata composta da parenti più o meno adottivi e da amici di
varie razze:
Benjamin, fratello maggiore della tribù; l'adorata
madre: quasi sempre assente per seguire uno dei suoi amori, si fa
viva ogni tanto per depositare in famiglia l'ultimo pargolo (e
infatti ogni libro Malaussène termina con una nascita); Clara: la sorella
preferita, che vede attraverso la macchina fotografica; Thérèse: la
sorella veggente; Louna:la sorella infermiera; Jérémy:
fratellino geniale; il Piccolo dagli occhiali rosa: che attraverso i suoi
incubi segnala le sciagure future; Julie:l'amata compagna, giornalista
corrispondente da ogni punto del mondo in cui ci sia da segnalare
un'ingiustizia; gli improbabili nonni: anziani dalla vita fuori dai
ranghi; Julius: l'amato e puzzolente cane epilettico; gli amici e parenti
adottivi della comunità araba.
Questo piccolo universo è
minacciato costantemente da una serie di pericoli in cui si oggettivizzano le
mire dei ricchi e dei potenti che hanno nelle mani i destini del mondo e a cui
non importa nulla del bene comune; purtuttavia gli altri, i non potenti sono lì
a resistere...
All'interno della saga ha un
grande rilievo Belleville, quartiere multietnico di periferia, in cui Pennac stesso ha abitato
per decenni. Belleville è descritta come un posto un po'
magico che resiste ancora alla speculazione edilizia.
Pennac è chiaramente un fautore
dell'integrazione razziale e di una dimensione più umana, o forse dovremmo dire
utopistica dell'esistenza in cui l'economia non crei esclusione o ghetti: un luogo magico dominato dagli affetti, in cui ci si ispirasse ai
principi evangelici e a quelli dell'utopia comunista.
Pennac mostra il
funzionamento assurdo e paradossale della società moderna pur senza voler
scrivere un romanzo di denuncia. Scartò le duecento pagine della prima versione
del romanzo perché troppo dimostrative della sua tesi.
L'invenzione forse più originale
di Pennac è quella del protagonista tragicomico della saga Benjamin
Malaussène.
Invece di un investigatore duro e solitario, alla Marlowe, l'autore ci mette di
fronte ad un tipo un
po' infantile che gioca a fare l'ingenuo perché sa molto bene che, se non
cercasse di farlo, sarebbe un disperato".
La particolarità più eclatante del personaggio è che lavora come capro espiatorio in una
casa editrice, è l'addetto a cui di volta in volta vengono attribuite
le colpe dei disguidi di cui i clienti vanno a lamentarsi.
Ogni volta
Malaussène si esibisce in una scena madre in cui si straccia le vesti per i
suoi errori, viene annunciato al cliente che sarà licenziato, e invariabilmente il
cliente si impietosisce e ritira la lamentela.
Pennac dichiara esplicitamente
di essersi rifatto alle teorie del filosofo francese René Girard secondo
cui il capro espiatorio non solo è alla base di tutte le religioni, ma
permette la sopravvivenza delle comunità umane (a sue spese, s'intende).
In estrema sintesi:a causa dell' invidia
che proviamo gli uni versi gli altri rischiamo di distruggerci a vicenda.
A questo punto, a livello inconscio naturalmente, scegliamo una vittima su cui far ricadere
le colpe di tutto. In questo modo il capro espiatorio diventa un elemento di unione per
tutti gli altri.
Il tentativo di risolvere i problemi della nostra difficile socialità in questo
modo è una delle nostre tendenze più pericolose, alla quale
dobbiamo le guerre e i pogrom.
La figura del capro espiatorio, oltre ad aver radici nel mondo
greco-arcaico, si ritrova nell'Antico
Testamento: dove stava ad indicare i capri che gli Ebrei cacciavano nel deserto, dopo averli caricati dei
loro peccati, per stornare l'ira di Dio.
In altre parole il capro espiatorio ci permette di proiettare su qualcun altro
la responsabilità dei nostri sentimenti aggressivi.
Secondo Girard solo il Vangelo spezza questo schema affermando l'innocenza della vittima:
l'agnello sacrificale Gesù Cristo morto ingiustamente sulla croce, portando
allo scoperto la nostra cattiva coscienza.
Signori bambini
Un tentativo ben
riuscito di uscire dalla serie Malaussène.
Il terribile professor Crastaings dà un tema ai suoi allievi: Vi svegliate
una mattina, siete stati trasformati in adulti. I vostri genitori sono
trasformati in bambini.
I suoi tre alunni Igor, Nourdine e Joseph verificheranno a loro spese la
massima che l'immaginazione non è menzogna. Infatti, svolto il compito,
si troveranno catapultati all'improvviso nella situazione suggerita dal
tema.
Questa verità fondamentale sta alla base del patrimonio letterario
dell'umanità, ma è insieme una riflessione su come si vedono reciprocamente
bambini e adulti.
Per Pennac i bambini fanno i bambini, gli adulti recitano
il ruolo degli adulti.
Come un romanzo
In questo saggio Pennac mette a
punto l'esperienza maturata nell'insegnamento, per suggerire una strategia che
promuova l'amore della lettura: trasmettere ai figli e agli allievi
il proprio piacere della lettura.
Quando Pennac insegnava Lettere, dedicava due delle sei ore a disposizione a
leggere i suoi autori preferiti a voce alta per gli alunni, senza pretendere in cambio riassunti o
compiti.
Lettura come dono, per far nascere nei ragazzi il piacere della
lettura e far passare il timore di non saper rispondere alle domande o di essere
stupidi.
Nel testo si trova la famosa
carta dei diritti del lettore, il più importante e paradossale dei quali,
è quello di non leggere, perché il verbo leggere, come i verbi
amare e sognare, non accettano imperativi.
Ecco la storia
La sua penultima fatica, è una
specie di conte philosophique: Ecco la storia, edito nel 2003, ha
sconcertato molti dei suoi affezionati lettori.
In America Latina c'è un dittatore
divenuto agorafobico in seguito alla predizione di una strega che verrà
linciato da una folla di contadini.
Decide dunque di andarsene in Europa, facendosi sostituire da un sosia che è
uguale a lui salvo qualche piccolo particolare.
Ma anche il sosia segue un analogo percorso; dopo un certo tempo decide di
andarsene, e così mette al suo posto un sosia che è uguale a lui tranne
qualche piccolo particolare. E così di sosia in sosia, fino a che le differenze
si accumulano e l'ultimo sosia è molto difforme dal dittatore originario.
In questo romanzo non solo è raccontata una
storia assai particolare, ma per la prima volta Pennac ci fa entrare nel suo
mondo personale: scopriamo che viene da un villaggio delle Alpi Marittime, che
ha frequentato l'Università a Nizza...
Ma soprattutto ci mostra come funziona la sua fantasia e come costruisce le storie
a partire dalle sue esperienze di vita.
Molto interessante è il tema del sosia, che riprende quello del capro
espiatorio.
Mi sembra che il libro non sia riuscito; nonostante molti spunti
notevoli appare dispersivo, il fatto di essere privo di una linea unitaria lo
rende per me non emozionante.
L'ultimo libro: "grazie"
C'è un creatore che sta per ricevere un premio e deve fare i ringraziamenti
d'uso. Ma è un tipo un po' particolare che non riesce a godersi il suo momento
di gloria.
Parte animato dal più sincero desiderio di ringraziare, ma si accorge che è capitato
nel mezzo di una sceneggiata.
E poi essere premiato per l'insieme della propria opera è come dire
all'autore che ormai per lui è finita. E quindi ringraziare chi e
perché? eccetera eccetera.
CARATTERISTICHE DELLA SUA
SCRITTURA
Una scrittura straripante e una
fantasia travolgente, al servizio di una costruzione della storia molto attenta.
Avventure e colpi di scena a tutto spiano, rifiuto delle descrizioni e
dell'analisi psicologica dei personaggi
Una lingua che integra l'argot delle periferie e delle parlate giovanili con citazioni colte e
allusioni politiche.
Difficilissima da tradurre perché non ha un corrispettivo italiano: noi non
abbiamo una lingua colloquiale fatta di termini
gergali comune a tutta la nazione, ma solo corrispettivi regionali; purtuttavia la sua
traduttrice italiana, Yasmina Melaouah ha fatto il miracolo e le sue
traduzioni sembrano degli originali.
Il linguaggio di Pennac è ricco di metafore. La metafora dà
rapidità alla scrittura, permette di risparmiare una descrizione mettendo
al suo posto un'immagine.
Ma la metafora non è solo un'immagine. Dire sei un leone
conferisce un'aggiunta di senso, in quanto permette l'attribuzione di tutte le qualità del
leone.
Vedere la metafora iniziale della Fata carabina.
Pennac attribuisce molta
importanza allo stile ossia al gioco col
linguaggio, che serve non per camuffare ma per rendere sopportabili le brutture del
reale: con una scrittura leggera ed ironica
rappresenta le angosce del nostro tempo. Una scrittura cupamente realista
avrebbe allontanato il lettore impedendogli di affrontare certi temi.
Anche l'uso abbondante del dialogo
conferisce rapidità al racconto.
La riflessione su certi
temi è a volte rappresentata da frasi icastiche e sentenziose, come "La vita
non è un romanzo, lo so. Però solo il romanzesco può renderla vivibile."
L'abilità di Pennac è quella di
tenere il racconto in continua tensione, dando credibilità alle evoluzioni
spesso improbabili della vicenda.
Paradossalmente Pennac si definisce un uomo privo
di fantasia; è la realtà che supera la fantasia, è dalla realtà che
trae i suoi orchi sgozzatori di vecchiette,ecc.
Quando gli viene in mente una storia,
la racconta a moglie ed amici cambiando ogni volta qualcosa a seconda dei
consigli che riceve. Alla fine, si ritira con sua moglie
nella casa di campagna e scrive in solitudine. Sulla scrivania il vocabolario,
ricordo di una disortografia infantile, e il dizionario storico della lingua
francese.
Scrittura e morale: qual è il
tipo di responsabilità di chi scrive? Rendere conto della complessità e delle
contraddizioni della propria epoca, e lavorare al meglio delle proprie
capacità.
Secondo Pennac non bisogna chiedere agli scrittori di salvare il mondo, gli scrittori possono
solo parlare delle proprie esperienze.
E tuttavia pensa che le parole siano potenti: si può uccidere con le parole.
Si scaglia contro chi
trasforma il romanzo in un saggio, contro i gardiens du temple di una
letteratura pietrificata dai diktat dello strutturalismo.
Vedere Flannery O'Connor e la sua teoria della scrittura
che deve incarnarsi in personaggi e particolari concreti.
"La creazione artistica
rappresenta per la società quello che il sogno notturno rappresenta per il
singolo."
LA CRITICA
I romanzi di Pennac ricordano Rabelais ed il suo universo popolaresco in cui hanno posto
realtà corporali come culo e merda; ma anche Dickens e le avventure a
puntate dei suoi
diseredati.
A me ricorda un presepe napoletano, con i
suoi personaggi fissi portatori ognuno di un suo valore, e alla base di
questo piccolo mondo protetto un desiderio di solidarietà e condivisione,
anche se mi disturba un po' una certa idealizzazione del gruppo dei buoni, fra
cui rientrano anche i piccoli malviventi).
Goffredo Fofi attacca con violenta acredine Pennac accusandolo
di una cosciente falsificazione ideologica e pubblicitaria portando avanti il
mito di una Parigi ormai scomparsa, la Parigi più popolare, proletaria,
populista che non esiste più.
Ma a me sembra che questo Pennac lo sappia molto bene. Belleville è un
quartiere simbolo di una Parigi come lui la vorrebbe, e come Belleville stessa
non è più.
Di tutt'altro avviso è Domenico
Starnone che attribuisce a merito di Pennac quello di aver continuato a far
vivere nei suoi libri gli ideali di una civile convivenza tra diversi.
Esalta il personaggio Benjamin Malaussène, moderno capro
espiatorio senza colpe.
Un capro espiatorio che si ribella al suo destino di agnello sacrificale,
lotta, e riesce a far pagare il fio a chi lo deve pagare. Pennac ci lascia
sognare che gli agnelli possano battersi pur restando agnelli.
E il bello è che Pennac parla dei guai del nostro tempo con un linguaggio
ironico-colto pur creando un moderno genere di massa.
Bibliografia sintetica in
italiano
Daniel Pennac, Il paradiso
degli orchi, Feltrinelli 1991
"
" La fata carabina,
Feltrinelli 1992
"
" La prosivendola,
Feltrinelli 1990 (Benjamin è diventato uno scrittore famoso. Come è stato
possibile?)
"
" Signor Malaussène,
Feltrinelli 1995 (Benjamin papà? Il caso sta rendendo la cosa quasi
impossibile)
"
" Ultime notizie dalla
famiglia, Feltrinelli 1997 (Il piccolo vuol sapere chi è il suo vero
padre...)
"
" La passione secondo
Thérèse, Feltrinelli 1999 (Thérèse la vergine veggente vuol sposarsi.
Benjamin è contrario...)
"
" Signori bambini,
Feltrinelli
1998
"
" Come un romanzo,
Feltrinelli 1993
"
" Gli esuberati,
Feltrinelli (ovvero i lavoratori in esubero, è un giallo alla Pennac illustrato
come fumetto da Tardi: nello zoo dove lavora la ragazza dell'ispettore di
polizia, un disoccupato si rinchiude in una gabbia riservata agli animali per
esporsi al pubblico...)
"
" Ecco la storia,
Feltrinelli 2003
"
" Grazie,
Feltrinelli 2004
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