Capitolo terzo - la teoria della
libido
a) sessualità infantile
"Tre saggi sulla teoria della
sessualità" (1905)
L'abbandono della teoria della seduzione rese possibile la scoperta
clinica della sessualità infantile.
La teoria ipotizzava il ruolo patogeno di
esperienze sessuali infantili traumatiche nell'eziologia delle successive
nevrosi.
Contro questa ipotesi potevano essere opposti i dati che
- non tutti i nevrotici hanno subito traumi sessuali infantili
- in alcuni soggetti normali c'è il ricordo di traumi, quindi non
rimossi e pertanto non patogeni.
Arrivato a questo punto, Freud scoprì che
non di avvenimenti reali si trattava, ma di fantasie sessuali.
La nuova ipotesi sosteneva dunque
che le cause della nevrosi non si trovassero in traumi subiti, ma in desideri e
attività del soggetto relativi alla pulsione sessuale.
Venne dunque escluso il trauma come evento reale, ma conservata l'ipotesi sul
ruolo della sessualità, e precisato il nesso sessualità-fantasia-nevrosi.
La nuova ipotesi era appunto quella della sessualità infantile.
Le indagini dei sessuologi sulla
sessualità infantile.
Già H.Ellis e Moll avevano sostenuto, prima di Freud, che sentimenti
e comportamenti sessuali erano normali nell'infanzia, contro l'idea vittoriana
del bambino innocente.
I concetti fondamentali della teoria
psicoanalitica della sessualità.
La causa dell'indignazione suscitata dal libro non fu quindi il soggetto in
sé, quanto il fatto che Freud abolisse le frontiere tra normalità e
perversione, e soprattutto tra la sessualità dell'adulto e la pretesa innocenza
del fanciullo.
All'idea convenzionale di una sessualità che appare in un determinato periodo
della vita umana, ossia la pubertà, Freud oppose il concetto di un istinto
sessuale originario tendente a soddisfarsi dai primi anni di vita, e destinato a
passare attraverso una serie di stadi intermedi prima di servire alla
riproduzione.
Freud considerava la pulsione una spinta biologica che impone un lavoro
psichico, e le attribuiva queste caratteristiche:
- una fonte ossia un eccitamento proveniente da una parte del corpo,
detta zona erogena;
- una quantità o tensione, in altre parole la libido o energia della
pulsione sessuale;
- una meta consistente nel raggiungere una sensazione di piacere
liberandosi della tensione;
- un oggetto, ossia la cosa o la persona necessaria a soddisfare lo
scopo.
Per Freud la storia sessuale dell'individuo
comincia dalla nascita.
La sessualità del neonato era definita perverso-polimorfa.
Il termine indicava sia il fatto che la sessualità trae piacere dalla
stimolazione di qualsiasi parte del corpo, sia il fatto che non è
necessariamente finalizzata alla riproduzione. L'acquisizione di uno scopo e di
un oggetto specifici si ottiene tramite l'apprendimento e l'esperienza,
attraverso un lungo cammino che può facilmente deviare.
Le fasi psicosessuali e la nozione di
appoggio
La ricerca del piacere nasce come attività connessa al
soddisfacimento dei bisogni vitali, per appoggio alle funzioni
vitali.
- fase orale
è relativa al primo anno di vita; la zona erogena dominante è la
bocca.
L'alimentazione, succhiare il latte, è un bisogno fisiologico necessario per la
sopravvivenza, ma succhiare-ciucciare diviene anche un piacere di per sé,
che si rende a poco a poco indipendente dalla funzione organica vitale.
- fase sadico-anale
è relativa al secondo anno di vita, la zona erogena dominante
è l'ano.
All'evacuazione come funzione fisiologica, si abbina il piacere di
trattenere-rilasciare.
- fase fallico-edipica
è relativa al periodo fra i tre e i cinque anni, la zona
erogena dominante sono i genitali.
In questo periodo il bambino acquista consapevolezza dei propri genitali, scopre
le differenze sessuali, si pone domande sull'origine dei bambini.
Sia i maschietti che le bambine credono in un primo tempo di avere un
qualche potere fallico, e la madre è il loro oggetto d'amore incestuoso.
Contemporaneamente il desiderio per la madre suscita la paura del padre.
Come nel caso di Hans (Il caso del piccolo Hans del 1909 è il
primo trattamento di un bambino basato sulla teoria psicoanalitica della
sessualità infantile), questo porta i maschi all'angoscia di castrazione.
Nelle bambine invece non si svilupperebbe un timore di castrazione, in quanto la
loro castrazione è, in un senso molto particolare, reale. Nascerebbe invece
un'ostilità per la madre per averla messa al mondo deprivata dell'organo
sessuale maschile; e questa sarebbe l'origine dell'invidia del pene.
Lo sviluppo sessuale delle femmine seguirebbe dunque un cammino più
complesso.
- periodo di latenza
relativo all'intervallo dai cinque agli undici anni circa.
In questo periodo la pulsione sessuale subisce un'attenuazione. Avviene la rimozione
del complesso di Edipo. Nascono le formazioni reattive per effetto
delle potenze psichiche superiori, ossia delle difese (vedi il
futuro Super-Io) e delle sublimazioni, grazie alle quali gli istinti
deviati dalla meta vengono messi al servizio di attività adattative,
socialmente approvate.
- Dopo la pubertà, in cui si ha un
periodo difficile di reviviscenza della sessualità infantile, le pulsioni
parziali (orale, anale, ecc.) vengono integrate e subordinate all'erotismo genitale
maturo, come piacere preliminare che concorre all'orgasmo genitale.
* Ricapitolando, i concetti fondamentali
della teoria psicoanalitica della sessualità, oltre a quello di zona erogena,
sono quelli di fase di sviluppo sessuale o organizzazione sessuale
orale, anale,ecc.
Ognuna di queste fasi costituisce una modalità, tipica di una fase di sviluppo,
secondo cui il soggetto consegue piacere, mediante forme di comportamento
relative alla stimolazione delle zone erogene specifiche.
Queste attività, per spostamento e simbolizzazione successive, divengono
modalità generali di interazione (tratti del carattere).
Rimando qui alla lettura del libro di Erikson, Infanzia e società
in cui è messa in luce l'interazione tra l'aspetto maturativo innato
pulsionale, peraltro debole negli esseri umani a differenza degli animali, e
l'ambiente con le sue richieste e aspettative.
Entrambi gli aspetti concorrono alla formazione del carattere.
L'attività sessuale è sottoposta
ad una duplice linea di sviluppo:
- riguardo alle zone erogene, che abbiamo già visto, e
- riguardo all'oggetto (sequenza autoerotismo-narcisismo-relazione
oggettuale).
Concetti di fissazione e regressione
Freud suggerì che la predisposizione alla futura nevrosi fosse
connessa alle difficoltà di sviluppo nel progredire da un livello di
organizzazione pulsionale ad un altro.
In tale contesto propose il concetto di fissazione della pulsione. Egli
riteneva che le aberrazioni e le perversioni sessuali potessero essere intese
come arresti di sviluppo in cui persistevano fasi più infantili di crescita
sessuale e che tali fasi invece di integrarsi in un modello globale di
funzionamento eterossessuale e genitale persistevano come maniera dominante di
espressione sessuale.
Ciò implicava anche che una notevole quantità di libido sessuale
fosse mantenuta a livelli precedenti di sviluppo.
Freud indicava nella regressione il
secondo pericolo di tale sviluppo per stadi, ossia nella tendenza a tornare a
precedenti modi di soddisfacimento, qualora modi più evoluti avessero
incontrato ostacoli.
Quanto più forti saranno le fissazioni, lungo il cammino evolutivo, tanto più
forte sarà la tendenza a schivare le difficoltà esterne regredendo alle
fissazioni.
La duplice nozione di fissazione-regressione diveniva centrale per Freud per
spiegare l'etiologia delle nevrosi.
La teoria della sessualità è
inquadrata nello schema generale dell'apparato psichico, mediante la nozione di
pulsione come stimolo endogeno, e di libido come energia della pulsione
sessuale.
L'attività sessuale era dunque interpretata come scarica di energia; molto
stretto il nesso tra processi fisiologici e desideri psichici.
Una nozione più elaborata di appoggio potrebbe diventare la base di un discorso
complesso circa l'origine del soggetto psichico: dell'Io e della pulsione
insieme, come strutture psichiche per la mediazione tra biologia e cultura.
b - Introduzione al narcisismo
(1914)
Parlando dei Tre Saggi avevamo osservato che l'attività sessuale era
considerata da Freud sottoposta a due linee di sviluppo:
- riguardo alle zone erogene
- riguardo all'oggetto (autoerotismo-narcisismo-amore oggettuale).
Riguardo alla linea di sviluppo che
riguarda il rapporto con l'oggetto, il bambino va incontro ad una prima
fase di autoerotismo in cui le pulsioni parziali si soddisfano
indipendentemente le une dalle altre, come piacere d'organo.
Si passa poi al narcisismo primario in cui le pulsioni parziali si
raccolgono intorno ad un unico oggetto, che in questo caso è l'Io.
Il passo seguente è quello dell'amore oggettuale ossia dell'amore adulto
maturo.
Si parla inoltre di narcisismo secondario, in riferimento ad un ritorno
del narcisismo nella vita adulta. Il narcisismo secondario caratterizzerebbe sia
fenomeni normali (regressione propria dell'innamoramento, dei bambini, di una
malattia fisica), sia fenomeni anormali (malattia mentale). Intendendo con
questo termine il ritiro dell'investimento dal mondo esterno, ed un
rifluire di queste cariche sull'Io.
Il narcisismo o amore di sé sorge
quindi al momento in cui il soggetto si dà una coscienza di sé, in quanto
separata dal mondo esterno.
La concezione del narcisismo primario come fase distinta e successiva
all'autoerotismo fu da Freud abbandonata un anno dopo, e venne chiamata
narcisismo la fase iniziale autoerotica.
Autoerotismo e narcisismo sono considerate organizzazioni psicologiche, ma
probabilmente non è giusto considerarle fasi iniziali assolute contemporanee
alla formazione biologica dell'organismo.
Occorre differenziare, almeno in linea di principio, le funzioni biologiche come
dato primario, dalle funzioni psichiche, che non si evolvono per maturazione, ma
per l'interazione complessa tra bisogni, apparati biologici, risposte
culturali.
Il narcisismo primario è un rigonfiamento
illusorio dell'immagine di sé, che il bambino si dà come difesa contro
l'esperienza di dipendenza e di frammentazione; ben lungi dall'essere uno
stato paradisiaco originario, è un'organizzazione a funzione difensiva.
Ne periodo 1905-1914, Freud contrappone due
gruppi di pulsioni:
pulsioni sessuali la cui energia
viene chiamata libido; e pulsioni dell'Io o di autoconservazione,
funzioni dell'Io la cui carica d'investimento viene chiamata interesse.
Questa teoria delle pulsioni rappresenta in sostanza lo schema interpretativo
del conflitto nevrotico Io-difesa//sessualità-libido.
Il problema
Come Jung fece notare a Freud, le psicosi non si potevano
spiegare come disturbi nell'attività della libido, in quanto nelle psicosi era
disturbata la relazione globale del soggetto con il mondo. La psicosi è il
ritiro di tutta l'energia psichica che regola le funzioni vitali. Inoltre,
secondo Jung, tale energia era di tipo indifferenziato, non libidica.
Naturalmente tale teoria non poteva essere accettata da Freud, sia perché
contraria alla teoria della libido, sia perché aboliva il conflitto.
Il problema di Freud era quello di
trovare uno schema esplicativo delle psicosi, senza per questo dover abbandonare
la teoria della libido.
La teoria della libido era stata finora a base della spiegazione della nevrosi
come conflitto tra funzioni sessuali (libido) e funzioni di autoconservazione.
Il problema era provocato dal fatto che le pulsioni di autoconservazione
si sviluppano in modo diverso dalle pulsioni sessuali, vengono assoggettate
prima di queste ultime al principio di realtà, al contrario delle
pulsioni sessuali che restano più a lungo sotto la prevalenza del principio di
piacere.
Chiaramente, se le psicosi non potevano
essere spiegate con la stessa teoria delle nevrosi, la teoria stessa avrebbe
subito una riduzione di rango. Ma il problema era che nelle psicosi non era
presente solo un disturbo nei rapporti affettivi, ma anche nelle funzioni di
contatto realistico col mondo esterno (percezione, azione, ecc.).
Freud, per salvare la teoria e insieme spiegare le psicosi, ricorse ad un
parziale compromesso, integrando la teoria con un capitolo speciale riguardante
il narcisismo.
Bisogna ricordare che già Abraham aveva spiegato la schizofrenia con la
teoria della libido: regressione all'autoerotismo, con disturbi funzionali
indiretti sulle pulsioni di autoconservazione.
Freud così parlò di conflitto sia tra pulsioni sessuali e pulsioni
dell'Io, che tra libido dell'Io e libido oggettuale.
In questo modo la prima opposizione serviva come sempre a spiegare le nevrosi,
la seconda a spiegare le psicosi, in cui la relazione libidica con
l'oggetto esterno è contrastata dall'amore di sé (teoria dei vasi
comunicanti).
Il ritiro della libido dagli oggetti esterni coinvolgeva anche le altre funzioni
di contatto col mondo esterno, per il quale si tendeva a perdere ogni interesse.
Sia Freud che Jung fondavano
il loro discorso su spiegazioni economiche fondate sul concetto di energia
psichica.
La soluzione freudiana, benché enunciata in un quadro altrettanto
naturalistico (fisicalismo) lasciava aperto il campo ad una rilettura che poteva
andare oltre le considerazioni biologico-economiche, in quanto poneva una
discriminante tra funzioni biologiche e funzioni psichiche (vedi la distinzione
tra bisogno e desiderio, la nozione di appoggio ecc.) ed intendeva queste ultime
come attività emergenti dal contrasto tra bisogni biologici ed esigenze
culturali.
Determinante per la spiegazione
psicoanalitica non è il funzionamento biologico in quanto tale, ma il
piano delle relazioni intersoggettive che dà luogo al costituirsi del soggetto
stesso in quanto soggetto umano. (vedi differenza tra mangiare una
caramella e desiderare una caramella dalla madre, solo quest'ultima
è oggetto dell'interesse della psicoanalisi.
Freud a ragione sosteneva che anche per le psicosi il conflitto fosse di
natura affettiva, ossia un disturbo nelle relazioni oggettuali, ma aveva torto
nel ridurre queste a vicende dell'energia libidica pensata in un modello di
funzioni biologiche (tensione-riduzione della tensione).
La nozione di Ideale dell'Io
Bisogna distinguere tra Ideale, ossia immagine di come si vuole-deve
essere (Super-Io), pur con la consapevolezza di non esserlo ancora, e idealizzazione
ossia immagine di sé distorta ossia illusione.
Freud sviluppò il primo punto con la nozione di Ideale dell'Io, e la pose come
successiva al narcisismo: il bambino rinunciava alla posizione narcisistica, e
sostituiva all'amore di sé il rapporto con un ideale da raggiungere.
Il discorso sull'ideale come illusione è tuttavia centrale nel fondo del
discorso freudiano sul narcisismo, e conduce alla considerazione del narcisismo
come condizione esistenziale di ogni soggetto e non solo come particolare fase
libidica o stato psicopatologico.
Forse questo è uno degli apporti più validi della psicoanalisi come
demistificazione delle logiche del soggetto.
Alcune riflessioni
Il prevalere del modello energetico (affetto-energia-libido) condusse la
teoria dinamica del conflitto psichico a porre in termini energetici anche il
secondo polo del conflitto o censura, che si oppone alla libido, ma a causa
dell'equivalenza di fatto tra energia psichica e libido, anche l'istanza
difensiva risultava libidinizzata: concetto di libido dell'Io = narcisismo.
L'Io libidico aveva le sue premesse nella
teoria dell'Io-piacere del 1911, in cui Freud parlava di una prima fase dello
sviluppo psicologico in cui anche le funzioni di autoconservazione obbedivano al
principio di piacere e contribuivano al perdurare dello stato autoerotico =
indipendenza illusoria dall'oggetto esterno sia per le funzioni libidiche che
per quelle vitali (il bambino confonde sé stesso con l'oggetto che lo
accudisce). Questo Io-piacere venne allora precisato come io-libidico, non solo
nel senso dell'amore di sé in cui l'Io (la rappresentazione di sé) è
l'oggetto dell'amore narcisistico, ma nel senso che l'Io = funzione dell'Io
(nozione strutturale) è il soggetto libidico sia delle funzioni di
autoconservazione che della ricerca del piacere.
T.S.
Bibliografia
Sigmund Freud, Tre Saggi sulla
teoria sessuale, Boringhieri
Sigmund Freud, Introduzione alla
psicoanalisi, Boringhieri
E. Erikson, Infanzia e società,
Armando.
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